Memorie condivise hanno la stessa base neurale in persone diverse

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 17 dicembre 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Se la ricerca di un codice neurale comune, con l’eccezione dei comandi motori semplici, ha finora deluso le aspettative, la possibilità che esistano schemi identici di attivazione delle reti neuroniche cerebrali in persone diverse per la mediazione della stessa esperienza, continua a tenere il campo e a incoraggiare studi di verifica volti ad accertare in quali condizioni e circostanze un tale rilievo sia possibile.

Gli studi che hanno confermato l’attivazione costante di alcune aree della corteccia prefrontale per particolari compiti cognitivi, hanno anche mostrato quadri complessivi di attività encefalica mai identici tra i volontari sottoposti agli esperimenti, e talvolta differenti per uno stesso compito nella stessa persona; tuttavia, la mancanza di conoscenza di tutti i fattori che possono far variare le immagini funzionali dell’encefalo e la prevalenza di una prevedibile conservazione di attivazione di alcune aree sugli elementi varianti, fa sperare nella possibilità di riuscire a comprendere tutte le ragioni di tali rilievi.

Janice Chen e colleghi hanno messo alla prova la possibilità che la condivisione di un’esperienza, con le memorie a questa connesse, crei i presupposti per un funzionamento identico nella rievocazione. Il risultato dello studio è di notevole interesse.

 (Chen J., et al. Shared memories reveal shared structure in neural activity across individuals. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.4450, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Princeton Neuroscience Institute, Princeton University, Princeton, New Jersey (USA); Department of  Psychology, Princeton University, Princeton, New Jersey (USA); Department of  Psychology, Stanford University, Stanford, California (USA); Department of  Psychological and Brain Sciences, Johns Hopkins University, Baltimore, Maryland (USA); Department of  Psychology, University of Toronto, Toronto, Ontario (Canada).

Quando nelle conversazioni della vita di tutti i giorni si parla di memoria, si fa riferimento ad una facoltà psichica tipicamente umana, consistente nella rievocazione cosciente di informazioni relative a persone, luoghi e oggetti. Tale funzione è stata originariamente studiata in neuropsicologia col nome di memoria dichiarativa, ma oggi si tende a definirla memoria esplicita, con una denominazione originata dalla ricerca neurobiologica con un valore semantico più generale, in quanto inclusivo di processi del cervello animale ritenuti equivalenti della memoria dichiarativa umana[1]. La memoria esplicita, contrapposta a quella implicita[2], è generalmente ripartita in due forme: la memoria semantica, ovvero la memoria delle nozioni, fondamentale per lo studio scolastico ed universitario ma indispensabile anche nella vita di tutti i giorni; e la memoria episodica, ovvero la memoria di eventi, fatti e circostanze della vita reale nel loro significato e nella loro collocazione temporale.

Nel cervello dei mammiferi le due formazioni cerebrali di importanza cruciale nella codifica e nella conservazione della memoria esplicita sono la corteccia prefrontale e l’ippocampo. La struttura neocorticale media i processi della memoria di funzionamento (working memory), che vanno dalla ritenzione a brevissimo termine[3], quale quella necessaria a ricordare un numero di telefono solo per digitarlo, a quella di una durata breve ma sufficiente per consentire l’alternanza di due compiti. L’ippocampo può immagazzinare informazioni dichiarative in una forma più stabile per periodi che vanno da giorni a settimane o anni, fino a tutta la vita[4]. Si ritiene, tuttavia, che il sito di immagazzinamento definitivo, per effetto di consolidamento ripetuto, sia la corteccia cerebrale.

In estrema sintesi, si possono concettualizzare alcune nozioni sulla memoria esplicita: la working memory dipende da una persistente attività neurale nella corteccia prefrontale; la memoria esplicita richiede diverse forme di potenziamento a lungo termine (LTP) nell’ippocampo; anche la memoria spaziale dipende da LTP ippocampali; la memoria esplicita dipende anche dalla depressione a lungo termine (LTD); modificazioni epigenetiche della struttura della cromatina sono importanti per la plasticità sinaptica a lungo termine che si verifica nell’apprendimento e nella memoria.

Tali nozioni, prevalentemente neurobiologiche, sembrano lontane dal livello di studio dei sistemi cerebrali mediante neuroimaging, ma sono importanti perché forniscono una base di certezze sperimentali sulla quale fondare l’interpretazione delle immagini.

Torniamo, ora, allo studio recensito.

I partecipanti hanno assistito ad un film della durata di 50 minuti e successivamente è stato chiesto loro di descrivere verbalmente gli eventi cui avevano assistito, mentre l’attività del loro encefalo era studiata mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI). I contenuti del film erano ricchi di esperienze di vita reale. Le descrizioni non erano guidate dai ricercatori, e sono procedute liberamente secondo il flusso rievocativo dei volontari fino ad una durata di 40 minuti.

Si è rilevato che, quando una persona parlava, configurazioni spaziali specifiche per l’evento erano riattivate nella rete di default, nelle aree temporali mediali e nelle aree visive corticali di alto grado di elaborazione.

Un aspetto veramente interessante è che il pattern di attività corrispondente all’evento descritto non solo era altamente riconoscibile e discriminabile dagli altri, ma era anche simile fra persone diverse, suggerendo coerenza e costanza di organizzazione spaziale delle memorie.

In molte aree di alto ordine, ossia di elevato livello di integrazione, le configurazioni di attività erano più simili fra persone che ricordavano lo stesso evento che fra rievocazione e percezione. Un tale rilievo indica un sistematico rimodellamento della percezione nella memoria.

Questi risultati rivelano l’esistenza di un’organizzazione spaziale comune fra le memorie nelle aree della corteccia cerebrale impegnate in elaborazioni di alto grado, dove l’informazione codificata è in larga misura astratta dai vincoli sensoriali, e dimostrano che le configurazioni di attività neurale durante la percezione sono modificate in modo definito e sistematico fra persone diverse, creando rappresentazioni condivise della memoria di esperienze della vita reale.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-17 dicembre 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Il modello della memoria dichiarativa era stato concepito in base al rapporto esistente fra coscienza e linguaggio verbale: la coscienza dichiarativa è quella parte della consapevolezza che immediatamente e direttamente può essere pensata e comunicata con le parole; la coscienza non-dichiarativa, lungi dal riferirsi al subconscio o all’inconscio, è costituita da contenuti presenti alla consapevolezza del soggetto ma non pronti per essere tradotti in simboli linguistici o analogici. Un contenuto non-dichiarativo può tuttavia essere pensato. Tali contenuti possono prendere il sopravvento nell’ideazione della persona depressa che viva in isolamento sociale: quando tali persone hanno occasioni di incontro sociale e di conversazione, si rendono conto di avere difficoltà a comunicare anche i pensieri abituali.

[2] Generalmente ripartita in memoria procedurale, memoria associativa, abitudine ed altre forme minori.

[3] Si ricorda che tale memoria a breve termine rimane distinta in neurofisiologia dalla memoria sensoriale (ecoica o uditiva, iconica o visiva, aptica o tattile) della durata di millisecondi.

[4] Steven A. Siegelbaum & Eric Kandel, Prefrontal Cortex, Hippocampus, and the Biology of Explicit Memory Storage, p. 1487 in Principles of Neural Science (Kandel, Schwartz, Jessell, Siegelbaum, Hudspeth), McGraw Hill, 2013.